È un film che divide la critica quello del regista francese Christian Vincent. L’Hermine, termine che in francese indica l’ermellino, racconta la vita professionale e privata di un Presidente di Corte d’Assise.
Il Presidente “a due cifre” – così viene chiamato dai suoi colleghi poichè infligge pene mai inferiori di dieci anni – è detestato e temuto.
Seppure L’Hermine riesca a caratterizzare i personaggi mettendo a nudo i sentimenti e le fragilità di un uomo apparentemente tutto d’un pezzo e solitario, il film presenta degli intoppi che sono dovuti all’eccessiva distinzione tra la vita professionale e quella privata di Monsieur Racine.
Ed anche se l’idea di separare in modo così netto questi due aspetti del protagonista pare una scelta voluta dal regista stesso, essa non riesce a convincerci. Questa scelta non fa decollare il film, lo rilega alla banalità.
Non vi è nulla da dire invece sullo straordinario Fabrice Luchini, che mette in campo tutta la sua verve creativa e il suo talento di grande attore.
Puntiglioso e preciso in aula, Racine è brillante e tenero quando si intrattiene con la donna che ama da anni e che rincontra – così vuole il caso – proprio in tribunale come giurata ad un processo per omicidio di cui è presidente.