ARTE IN PALAZZO CON IL FURMIÀR DI STEFANO JUS

Galleria Celso e Giovanni Costantini Castions, Italia

Si invita la S.V. alla cerimonia inaugurale della Settima Edizione di Arte in Palazzo   con IL FURMIÀR di Stefano Jus domenica 29 settembre 2019, ore 11.00 Galleria Civica d'Arte Celso e Giovanni Costantini - Castions di Zoppola   Intervento critico di Alessandra Santin

DEL CORAGGIO QUOTIDIANO – STEFANO JUS

Scala Contarini del Bovolo Scala Contarini del Bovolo, 4303, Venezia, Italia

La S.V. è invitata mercoledì 7 dicembre alle 17.30 Scala del Bovolo Venezia all'inaugurazione della Mostra ... del coraggio quotidiano di Stefano Jus Rsvp (si riservano biglietti gratuiti, necessaria la conferma, grazie) ...DEL CORAGGIO QUOTIDIANO - Venezia News www.artribune.com/mostre-evento-arte/stefano-jus-del-coraggio-quotidiano/

LA FORMA DELLA LUCE

Museo Civico di Storia Naturale Via della Motta 16, Pordenone, Italia

Stefano Jus LA FORMA DELLA LUCE. Tra le suggestioni di Nicola Grassi. “In verità, non esistono né segreti, né misteri: tutto è magia nell’ombra. Junichiro Tanizaki Il fondo nero e compatto delle opere di Stefano Jus ha, come l’ombra, un silenzio tutto suo e una capacità di stratificarsi più come materia che come luogo.Il nero denso e vellutato, steso con gesti larghi e decisi, ha la bellezza oscura del mistero, della Storia ancora enigmatica in cui c’è perdizione, ricerca e al contempo verità. I monocromi oscuri di Stefano Jus realizzati per questa mostra dal titolo emblematico “La forma della luce”, interpellano la magia e le suggestioni prodotte dalla luce radente, che è una delle cifre sostanziali del linguaggio visivo di Nicola Grassi. Posta al di fuori e di lato all’opera, questa luce crea contrasti molto netti, spazi indefiniti a “luce nera” (già realizzati da Fontana negli anni cinquanta del Novecento, il secolo breve e buio) in cui fluttuano figure interattive, luminescenti e in dialogo costante. Più che i contenuti, le tecniche e la tavolozza, è il processo di ricerca del Grassi ad interessare Stefano Jus. Le linee portanti di ogni singola opera negano profondità ambientali, lo spazio sembra comprimersi o dilatarsi intorno ai personaggi ritratti, e alle relazioni che tra loro intercorrono e si moltiplicano, interpellando l’osservatore, facendogli perdere il senso delle dimensioni e dell’orientamento. Come affiorassero dal liquido più inteso i volti quasi scolpiti e i profili delle braccia e dei corpi coinvolgono e ribaltano i punti di vista: l’ombra non è più la conseguenza della luce ma è invece il suo scopo primario. La luce, infatti, manipolata sapientemente da Stefano Jus, forma corpi-ombra consistenti, composti da masse materiche pesanti e pulsanti. Quest’uso del corpo-ombra come “presenza di un’assenza”, è una suggestione ampiamente utilizzata dal linguaggio poetico-visivo, lungo l’intero corso della Storia dell’arte (e non solo nel lavoro di Nicola Grassi). Gli artisti, infatti, hanno sempre dimostrato di voler sfruttare la luce per ottenere valori tonali ed atmosfere, qualità delle superfici e forma consistente dei corpi. Ne “La Rebecca al Pozzo” la luce guidata da Stefano Jus entra nel dipinto e taglia diagonalmente tutta l'immagine, sfiorando dapprima il volto e le mani protagoniste, per poi illuminare le figure intorno. Questa stessa la luce è stata per Nicola Grassi l'elemento trasfigurante, capace di attenuare il realismo accademico. Stefano Jus ne coglie l’elemento simbolico e vitale: concettualmente la luce diviene ben presto la chiave della sua maggiore espressione pittorica, capace di saturare gli spazi con figure inquiete, che non vogliono stare nei quadri, che debordano, che sconfinano, che sembrano emanare esse stesse la luce assumendo, già si diceva, un carattere di trasfigurata materialità. Acrilici, terre su intonaci, acquerelli e litografie testimoniano la necessità di Stefano Jus di misurarsi con tecniche, materiali, dimensioni sempre differenti, per esprimere non solo i contenuti quanto, piuttosto, i processi di ricerca che necessitano di prove, bozzetti, opere compiute e opere incompiute, testimonianze di una ricerca mai pienamente conclusa, mai compiutamente appagata. Su di essa termina il nostro sguardo che si arrende alla drammaticità abbagliante della vita di relazione, resa mediante composizioni mutuate dal linguaggio cinematografico. Spesso in queste opere affiora il gioco sapiente degli opposti: la bellezza innocente della giovinezza contro la decadenza austera della vecchiaia; l’assorta solitudine colta nell’intensa immobilità del volto contro il dinamismo esasperato dei corpi in lotta; la linearità delle scritture corporee nei “Condomini” contro la caotica gestualità delle folle, ritratte nel dinamismo dell’evento storico (in Canoni Settecenteschi, solo per dare un esempio). La seduzione dei monocromi bui è funzionale ai temi caratteristici della cultura contemporanea, nella quale ritorna incessante l’inquietudine delle crisi, la violenza di genere, la dolcezza intatta delle maternità sempre più rare, il discredito della vecchiaia, il timore del vuoto, l’intimità violata dell’amore: ovunque si contrae la vita e si crea un cortocircuito che si rivela nell’abbondanza del materiale iconografico realizzato da Stefano Jus, instabile e insieme definitivo, contemporaneo e insieme antico. La ricerca dell’artista si muove sempre tra le suggestioni del passato e le illuminazioni del presente, nella complessità dei corpi e delle figure umane che si rivelano nel buio dell’oggi, come costruzioni architettoniche evidenti e come illusioni manifeste, solo per poco nella suggestione dell’istante. Alessandra Santin

RETROSPECTRUM

Galleria Celso e Giovanni Costantini Castions, Italia

DUILIO JUS   Retrospectrum La stagione più vera e feconda Opere della collezione privata della famiglia Jus di Alessandra Santin   Duilio Jus è indubbiamente un’icona dell’arte friulana del Novecento. Con il suo modo di comporre segni, masse, forme e colori, elementi visivi e tecniche di ricerca personali ha fornito un contributo innovativo alla storia culturale e all’arte di questo nostro territorio friulano. Per certi aspetti defilato e marginale, esso ha contribuito in modo sostanziale all’affermarsi del neorealismo italiano e al dibattito che si è sviluppato intorno alla valorizzazione della tradizione contadina, riscoprendone gli aspetti più significativi e allargando le possibilità di quello che l’arte popolare poteva diventare. Ispirato da diverse fonti culturali come la storia dell’arte, la poesia, la letteratura e gli aspetti della vita sociale contemporanea, rapportati agli eventi personali e familiari, Duilio Jus ha prodotto nel corso degli anni alcune sculture e un’ampia serie di lavori su carta, tavola e tela che oggi costituiscono un archivio d’opere visivo e personale, di  proprietà della famiglia Jus. Ricca e di notevole profondità e varietà, questa raccolta testimonia la rilevanza della sua ricerca d’artista, e costituisce il corpus della mostra Retrospectrum curata da Stefano Jus, che l’assessorato alla Cultura del Comune di Zoppola e l’associazione???ha voluto realizzare negli spazi della Galleria D’arte ???Costantini di Castions. La vitalità culturale di questo artista, alimentata da un’inesauribile creatività, ha superato i confini locali e ha avuto riscontri a livello nazionale e internazionale. Si ricordano, solo per farne esempio, le esposizioni in Francia, Australia e in Canada e i numerosi premi ai concorsi e alle ex-tempore che caratterizzavano la vita culturale dal dopoguerra agli anni ottanta/novanta. Retrospectrum è un’esposizione particolare, proprio perché espone parte di un archivio dettato dal desiderio dell’artista e della sua famiglia di mantenere a sé e di proteggere molti schizzi preparatori, alcuni appunti visivi esistenziali, i bozzetti e le diverse opere selezionate, compiute e preziose in cui affiora prepotentemente la persistenza di quegli elementi significativi che qualificano l’eccezionalità del suo operato.  Esso scandisce inevitabilmente anche gli eventi della vita personale e familiare di Duilio Jus. Tutte le opere si rivelano come testimonianze della sua produzione raccolta, già si diceva, come fosse l’espressione di un diario intimo, esistenziale, guidato dal desiderio di non disperdere istanti di vita, tradotti nel tempo presente in visioni rivolte a pochi intimi, o realizzate addirittura solo per se stessi e salvate in quello spazio esclusivo della memoria storica che rivela quali sono, alla fine dei conti, i momenti più importanti della vita, nella sua stagione più vera e feconda. La morte prematura e inattesa dell’artista cristallizza questo patrimonio che nel tempo i familiari hanno riordinato, arricchito e salvaguardato. All’interno dell’atelier del figlio Stefano e a casa della moglie Annamaria, con le modalità necessarie alla riservatezza, mi vengono mostrate le cartelle archiviate, suddivise sia cronologicamente che per tecniche e materiali utilizzati. I gesti, nelle luce serale, lasciano affiorare il sentimento di apertura di un mondo fino a poco tempo prima custodito gelosamente. Leggendo le carte svelate a ritmo lento, ho avvertito prepotente la sensazione di violare un’intimità domestica e  contemporaneamente l’onore della fiducia in me riposta; infine mi è parsa preziosa la generosa disponibilità a condividere la dimensione più privata dell’artista anche con la comunità di appartenenza e con il mondo esterno. Nell’esposizione Retrospectrum l’operato cessa di essere individuale e privato e si trasforma in bene di tutti, ricchezza sociale necessaria alla crescita comune anche delle nuove generazioni. Le opere, come logos visivo non più solo interpersonale-familiare, prendono la parola e si raccontano. Attraverso un vero e proprio lessico d’arte si lasciano leggere da tutti noi, che le guardiamo attentamente, consapevoli del privilegio e grati del gesto. I temi presenti sottolineano il bisogno di Duilio Jus di tornare su alcuni luoghi, di accogliere in essi, quasi come figure superstiti, gli oggetti e gli uomini del suo presente o del passato prossimo friulano: i muri di sassi, gli strumenti dei lavori nei campi, i cesti, le mani nodose e dolenti dei contadini , le schiene curve per le fatiche degli anni, le pause nell’andare delle stagioni. I silenzi più eloquenti di questa umanità sorpassata dal presente industrializzato e tecnologico, fanno di queste opere i testimoni di valori che reclamano il diritto della memoria. Fantasmi di un ieri portatore di tragici eventi, esse rivelano la necessità di percorrere anche nuove vie, di accogliere spazi che valorizzano il vuoto, di accettare le astrazioni poetiche necessarie ad un futuro carico di speranze, che non possono e non devono essere del tutto infondate. Si incontrano negli spazi domestici delle diverse opere i figli Stefano, Pierpaolo ed Elena, la bella moglie in dolce attesa: essi sono rappresentati attraverso vere e proprie luci quasi informali, dati per accenno su colori pastosi e inediti, come le stagioni si rivelano sospesi tra realismo ed astrazione. Le attese di nuovi raccolti, i gesti incisi col fondo del pennello su materie pastose contro cieli liquidi e trasparenze aeree tornano, insieme  ai riti ormai impermanenti, alle pulsazioni della vita futura, all’enigmatico divenire. E poi si legge l’amore, le nascite, gli incontri di parenti e amici; gli ambienti accennati e spogli, quasi sempre gli stessi; le vie lungo le case di paese; il sanatorio e le sedie accanto ai portali; il poco e il vuoto dei luoghi più amati e già scomparsi; le atmosfere maggiormente presenti, determinate ad ispirarlo. La mostra raccoglie almeno trent’anni di attività in un percorso articolato in sezioni che restituiscono, certo non interamente, il mondo dell’arte visiva di Duilio Jus, uomo e artista. Al contempo esse consentono di entrare in contatto con la realtà di un tempo storico carico di passaggi e cambiamenti, testimonianze della natura poliedrica della seconda metà del Novecento e delle sue creazioni e contraddizioni. Come accade con i soggetti delle sue opere, anche le tecniche subiscono continue inevitabili trasformazioni, dal naturalismo all’astrazione; dai primi disegni ai monotipi e alle chine liquide e vibranti; dalle tempere realistiche alle composizioni ponderate degli olii, su cui dominano grovigli e rovi. I primi lavori accademici si rapportano ai ritratti a matita

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