DUILIO JUS Retrospectrum La stagione più vera e feconda Opere della collezione privata della famiglia Jus di Alessandra Santin Duilio Jus è indubbiamente un’icona dell’arte friulana del Novecento. Con il suo modo di comporre segni, masse, forme e colori, elementi visivi e tecniche di ricerca personali ha fornito un contributo innovativo alla storia culturale e all’arte di questo nostro territorio friulano. Per certi aspetti defilato e marginale, esso ha contribuito in modo sostanziale all’affermarsi del neorealismo italiano e al dibattito che si è sviluppato intorno alla valorizzazione della tradizione contadina, riscoprendone gli aspetti più significativi e allargando le possibilità di quello che l’arte popolare poteva diventare. Ispirato da diverse fonti culturali come la storia dell’arte, la poesia, la letteratura e gli aspetti della vita sociale contemporanea, rapportati agli eventi personali e familiari, Duilio Jus ha prodotto nel corso degli anni alcune sculture e un’ampia serie di lavori su carta, tavola e tela che oggi costituiscono un archivio d’opere visivo e personale, di proprietà della famiglia Jus. Ricca e di notevole profondità e varietà, questa raccolta testimonia la rilevanza della sua ricerca d’artista, e costituisce il corpus della mostra Retrospectrum curata da Stefano Jus, che l’assessorato alla Cultura del Comune di Zoppola e l’associazione???ha voluto realizzare negli spazi della Galleria D’arte ???Costantini di Castions. La vitalità culturale di questo artista, alimentata da un’inesauribile creatività, ha superato i confini locali e ha avuto riscontri a livello nazionale e internazionale. Si ricordano, solo per farne esempio, le esposizioni in Francia, Australia e in Canada e i numerosi premi ai concorsi e alle ex-tempore che caratterizzavano la vita culturale dal dopoguerra agli anni ottanta/novanta. Retrospectrum è un’esposizione particolare, proprio perché espone parte di un archivio dettato dal desiderio dell’artista e della sua famiglia di mantenere a sé e di proteggere molti schizzi preparatori, alcuni appunti visivi esistenziali, i bozzetti e le diverse opere selezionate, compiute e preziose in cui affiora prepotentemente la persistenza di quegli elementi significativi che qualificano l’eccezionalità del suo operato. Esso scandisce inevitabilmente anche gli eventi della vita personale e familiare di Duilio Jus. Tutte le opere si rivelano come testimonianze della sua produzione raccolta, già si diceva, come fosse l’espressione di un diario intimo, esistenziale, guidato dal desiderio di non disperdere istanti di vita, tradotti nel tempo presente in visioni rivolte a pochi intimi, o realizzate addirittura solo per se stessi e salvate in quello spazio esclusivo della memoria storica che rivela quali sono, alla fine dei conti, i momenti più importanti della vita, nella sua stagione più vera e feconda. La morte prematura e inattesa dell’artista cristallizza questo patrimonio che nel tempo i familiari hanno riordinato, arricchito e salvaguardato. All’interno dell’atelier del figlio Stefano e a casa della moglie Annamaria, con le modalità necessarie alla riservatezza, mi vengono mostrate le cartelle archiviate, suddivise sia cronologicamente che per tecniche e materiali utilizzati. I gesti, nelle luce serale, lasciano affiorare il sentimento di apertura di un mondo fino a poco tempo prima custodito gelosamente. Leggendo le carte svelate a ritmo lento, ho avvertito prepotente la sensazione di violare un’intimità domestica e contemporaneamente l’onore della fiducia in me riposta; infine mi è parsa preziosa la generosa disponibilità a condividere la dimensione più privata dell’artista anche con la comunità di appartenenza e con il mondo esterno. Nell’esposizione Retrospectrum l’operato cessa di essere individuale e privato e si trasforma in bene di tutti, ricchezza sociale necessaria alla crescita comune anche delle nuove generazioni. Le opere, come logos visivo non più solo interpersonale-familiare, prendono la parola e si raccontano. Attraverso un vero e proprio lessico d’arte si lasciano leggere da tutti noi, che le guardiamo attentamente, consapevoli del privilegio e grati del gesto. I temi presenti sottolineano il bisogno di Duilio Jus di tornare su alcuni luoghi, di accogliere in essi, quasi come figure superstiti, gli oggetti e gli uomini del suo presente o del passato prossimo friulano: i muri di sassi, gli strumenti dei lavori nei campi, i cesti, le mani nodose e dolenti dei contadini , le schiene curve per le fatiche degli anni, le pause nell’andare delle stagioni. I silenzi più eloquenti di questa umanità sorpassata dal presente industrializzato e tecnologico, fanno di queste opere i testimoni di valori che reclamano il diritto della memoria. Fantasmi di un ieri portatore di tragici eventi, esse rivelano la necessità di percorrere anche nuove vie, di accogliere spazi che valorizzano il vuoto, di accettare le astrazioni poetiche necessarie ad un futuro carico di speranze, che non possono e non devono essere del tutto infondate. Si incontrano negli spazi domestici delle diverse opere i figli Stefano, Pierpaolo ed Elena, la bella moglie in dolce attesa: essi sono rappresentati attraverso vere e proprie luci quasi informali, dati per accenno su colori pastosi e inediti, come le stagioni si rivelano sospesi tra realismo ed astrazione. Le attese di nuovi raccolti, i gesti incisi col fondo del pennello su materie pastose contro cieli liquidi e trasparenze aeree tornano, insieme ai riti ormai impermanenti, alle pulsazioni della vita futura, all’enigmatico divenire. E poi si legge l’amore, le nascite, gli incontri di parenti e amici; gli ambienti accennati e spogli, quasi sempre gli stessi; le vie lungo le case di paese; il sanatorio e le sedie accanto ai portali; il poco e il vuoto dei luoghi più amati e già scomparsi; le atmosfere maggiormente presenti, determinate ad ispirarlo. La mostra raccoglie almeno trent’anni di attività in un percorso articolato in sezioni che restituiscono, certo non interamente, il mondo dell’arte visiva di Duilio Jus, uomo e artista. Al contempo esse consentono di entrare in contatto con la realtà di un tempo storico carico di passaggi e cambiamenti, testimonianze della natura poliedrica della seconda metà del Novecento e delle sue creazioni e contraddizioni. Come accade con i soggetti delle sue opere, anche le tecniche subiscono continue inevitabili trasformazioni, dal naturalismo all’astrazione; dai primi disegni ai monotipi e alle chine liquide e vibranti; dalle tempere realistiche alle composizioni ponderate degli olii, su cui dominano grovigli e rovi. I primi lavori accademici si rapportano ai ritratti a matita