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VEDERE OLTRE MARCO SACCON
14 Giugno, 2016
La sofferenza delle forme
Raffaele La Capria ne La nostalgia della bellezza, si chiede se oggi è ancora possibile la contemplazione. In tempi di guerra, attentati, povertà, èsodi e massacri la bellezza è solo “cosa da esteti”?
No, risponde Marco Saccon, la bellezza è nello sguardo che incontra le cose minime del quotidiano. Nello sguardo che ricerca nuovi rapporti tra le forme delle cose; nello sguardo che include luci pensate e si assume responsabilità di scelta.
Se la bellezza non sembra poter salvare il mondo, l’artista si preoccupa che il mondo salvi la bellezza. Lo fa ascoltando la sofferenza delle forme che si scontrano nel caos della quotidianità. Confondersi è annullarsi nell’abbandono, è perdersi nello sfondo superficiale del caso.
Marco Saccon rileva il richiamo di queste forme che non si arrendono, e cambia gli schemi cui sono sottoposte. Non è la bellezza eterna e invariabile a sedurlo, ma la fragile meraviglia che nasce dall’accostare provvisoriamente alcuni elementi: due uova, un portaocchiali, la macchina da toast, il libro e una chiave inglese… tutto si carica di senso nuovo e il vedere torna ad essere l’atto creativo-innocente, mai ingenuo.
Le composizioni di Marco Saccon hanno una forza intrinseca, liberatoria ed esclusiva, che riduce all’eternità l’istante tanto raro quanto prezioso, in cui tutto si assesta e si rivela, in cui una luce incantata vince il bagliore e le volgarità dell’apparire.
Questa bellezza non separa le cose ma illumina la loro imprevedibilità, quasi sempre già presente, e quasi mai riconosciuta. In questi scatti, la cui composizione minimale e grafica è pensata come annuncio, ci si scopre in contemplazione partecipata. Tutto è rappresentazione concettuale, raffinata, di una realtà finalmente silenziosa oltre al chiasso di questi nostri tempi confusi. Ogni elemento ritorna ad essere formalmente vero, in un insieme di relazioni virtuali che iniziano un nuovo racconto del mondo
Alessandra Santin