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Mario Vidor – Un giorno veneziano
1 Settembre, 2014
La Fondazione ha dato sostegno alla realizzazione della raccolta fotografica “Un giorno veneziano” di Mario Vidor, testo critico Alessandra Santin.
VENEZIA
Suite di Mario Vidor
In musica la Suite (in italiano: Successione) è una sequenza di brani, detti anche movimenti, caratterizzati da un’alternanza di tempi moderati (Adagio, Lento) e tempi mossi o rapidi (Allegro, Presto…). Prima di questi movimenti si trova spesso il Preludio come introduzione della raccolta: Johann Sebastian Bach lo inseriva sempre per meglio chiarire i contenuti e le caratteristiche delle sue Suites.
Mario Vidor proprio come un compositore decide di seguire questa struttura che gli consente di esprimere compiutamente l’esperienza umana del viaggiatore, il suo andare tra le calli veneziane ancora e ancora, ripassando per gli stessi campi, accanto a uguali architetture, di fronte agli stessi orizzonti che però si stagliano sotto cieli sempre rinnovati.
Cambiano le luci e i toni, le ombre e le emozioni; se non cambiano è l’artista ad intervenire modulandoe virando i contrasti, smorzando quelli accesi e delineando sfumature raffinate, sfuggendo in tal modo alla volgarità che spesso viole l’armonia di certi luoghi preziosi. E’ il suo modo di amare Venezia salvaguardandola dalla superficialità e dalla fretta del quotidiano contemporaneo, per restituirle il senso del luogo unico e assoluto, di una bellezza antica che si rinnova secondo forme e ritmi che solo a Venezia possono essere riconosciuti.
Gli archi del lungo Ponte della Libertà che conduce al Tronchetto e al Piazzale Roma, aprono il “Preludio” che individua i luoghi simbolo della città: Palazzo Ducale; la Chiesa degli Scalzi accanto alla stazione ferroviaria; la Riva degli Schiavoni; lo Squero con le gondole in restauro. L’immaginario tradizionale riferito a Venezia, che ciascuno possiede nella propria memoria visiva, viene riavvicinato in chiave poetica sottolineando l’universalità di queste immagini che hanno davvero lo scopo di permettere un ricongiungimento, una globalizzazione, una unificazione esperienziale. Ogni visitatore che ha passeggiato in questi luoghi, ogni lettore che vi si ritrova e riaccende un ricordo, rivive un’emozione.
Lo “Scherzo” documenta uno degli eventi che rendono questa città famosa nel mondo, il Carnevale con le maschere del Settecento i cui costumi di raso elegante, le trine, i pizzi e le acconciature rappresentano un’indiscutibile cifra stilistica del luogo, con i turisti che si accalcano in Piazza S. Marco, giocano con i colombi, seguono disordinati la propria Guida ascoltando le sue indicazioni, tutti vicini per il timore di smarrirsi nei labirinti affollati.
Il “Presto con fuoco” rileva certe contraddizioni di stili e masse, negli equilibri precari e insieme eterni di Venezia: maestose sfilano le navi da crociera con il loro carico di volumi sovradimensionati; suscitando stupore le linee avveniristiche dei binari del tram e le scie di onde che inseguono barche veloci, protese verso il futuro che attraversa la quiete della laguna.
Poi sopraggiunge la dimensione del tempo lento.
Conclude la Suite l’ “Adagio”.
Mario Vidor guida il vostro sguardo su un particolare, un frammento, un simbolo. La parola AMORE, scritta sul selciato, rappresenta la chiave di lettura di questa serie di lavori. Con attenzione amante osserviamo il lucchetto a forma di cuore, la leggerezza della foglia posata sulla bitta, il profilo della scultura protesa su un fondale sfocato, il ritmo sempre identico del gondoliere davanti alla maestosità della Salute, la mamma col bambino intenta a leggere un grande quadro monocromo entro l’Arsenale.
La lentezza dei ritmi veneziani qui si esprime come valore raro, come piacere assoluto. Mario Vidor se ne appropria e ne fa omaggio, suggerendoci la possibilità di rileggere e reinterpretare la relazione che instauriamo con il Tempo oltre che con il Luogo, per assaporare quella bellezza che contraddistingue, oggi e sempre, l’uomo.
Alessandra Santin